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venerdì 23 maggio 2008

Il Giudice e il Mentitore: Montaigne, Zenone, Russell e Kafka

Fin dall'antichità è stato riferito - chi a Zenone Eleate, chi a Crisippo - il paradosso che va sotto il nome di Paradosso del Cretese, o Paradosso del Mentitore, e che la logica indica oggi con alcune diciture, la più conosciuta delle quali è di certo quella di Paradosso o Antinomia dei Tipi.
"Cittadini, voi che avete udito il mio discorso: io sono Cretese, e tutti i Cretesi mentono", questa più o meno la lettera del paradosso, nei tempi moderni proposta nella forma dettata con rigore di logica matematica da Bertrand Russell con la Teoria dei Tipi, e poi, dopo la scoperta dell'antinomia ad essa legata, nella forma della verità metalinguistica di Alfred Tarski.
Banalmente, se appartengo al club dei mentitori e lo dichiaro, nessuno potrà decidere - con certi strumenti formali - dove io stia dicendo la verità o pronunciando apparentemente innocue menzogne. Quindi il paradosso è stato assimilato anche a quegli altri problemi logici che riguardano l'autoconferma (come "La frase che stai leggendo ha un solo segno di punteggiatura.") e in generale i livelli di analisi per la costruzione di "Proposizioni-ben-formate".
Eppure a me è venuto da pensare ad un rapporto possibile fra un Giudice e un Mentitore, leggendo questo giudizio di Michel de Montaigne, contenuto nel Capitolo VIII, "Dell'arte di conferire" o "Dell'arte di parlare in pubblico", nel Libro Terzo degli Essais:

Il est impossible de traitter de bonne foy avec un sot. Mon jugement ne se corrompt pas seulement à la main d'un maistre si impetueux : mais aussi ma conscience.

Trattare in buona fede con un mentitore è impossibile. Il mio giudizio non si corrompe soltanto sotto la mano di un maestro così impetuoso - ma anche la mia coscienza
.

Il Giudice non deve esaminare la validità logica di quel che il Mentitore propone - deve mantenere viva la capacità di non ascoltare il suo imputato.
Alla lettera, deve usare un linguaggio che non rifletta nulla di quel che promana dall'impeto del Mentitore stesso: in un certo senso, deve giudicare una forma che non può prendere fra le mani e analizzare - il metalinguaggio del Giudice non deve in nulla scambiare termini, costruzioni, sintassi, grammatica, con quello dell'imputato Mentitore.
Ne va della buona coscienza, serena, che deve essere mantenuta - si cadrebbe in un percorso di risparmio che invece amplificherebbe il dispendio: capire cosa accada nelle parole del Mentitore, permetterebbe a questi di aver salva la vita, di scampare alla condanna.
Il Giudice, potrebbe lavorare senza Imputato, dunque.
La Giustizia creare menzogneramente la logica contro cui battersi, senza aver bisogno di vincere.
Come nel Processo di Franz Kafka.

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