Se per Itaca volgi il tuo viaggio, / fai voti che ti sia lunga la via, / e colma di vicende e conoscenze... (Konstantinos Kavafis)

martedì 14 ottobre 2008

"L'anello di Re Salomone" di Konrad Lorenz: eutanasia e umiltà

L'anello di Re Salomone, il Classico dei Classici dell'etologia e in genere della divulgazione scientifica del Novecento, non avrebbe e non ha invero bisogno di presentazioni: scritto con brio e profonda intelligenza dal padre della moderna etologia, l'austriaco Konrad Lorenz, pubblicato nel 1949 (in Italia uscì già per i tipi di Adelphi nel 1967, mentre l'immagine di copertina a fianco è quella della 22° edizione, uscita dal medesimo editore nel 2006 - fra le immunerevoli pagine dove trovare notizie, segnalo come al solito quella istituzionale dell'Editore, a questa pagina) e poi ristampato centinaia di volte in tutto il mondo per studiosi, studenti, appassionati, pensatori di varia foggia, illuminante e tenerissimo.
Tutti gli aggettivi, e la chiarezza nitida della esposizione di Lorenz l'hanno reso un volume famosissimo, e dalle variegate capacità di influenza sul mondo e sul pensiero degli uomini.
Mi piace, di questi tempi in cui si fa sentire spesso la necessità di maggiore cautela nelle affermazioni che si sceglie di rendere pubbliche, e di maggiore umanità, riportare due passi da questo volume che raccoglie articoli e scritti usciti su riviste specializzate e non fin dagli anni '20 del Novecento - come per tutte le cose intelligenti, la patina del tempo che certe idee mostrano di possedere, ha conferito gusto e pregnanza al messaggio.

Nel capitolo in cui esamina le varie possibilità che si offrono a chi voglia comprare un animale da tenere in casa, si trova questa nota:
Ma non c'è nulla che esasperi i nervi come un animale che soffre, e già solo per questa ragione, anche se non vi fossero motivi morali più elevati, si deve caldamente raccomandare di comprare in un primo tempo solo gli animali facili da mantenere in buona salute. Avere in casa un pappagallo tubercolotico è un po' come avere un membro della famiglia moribondo: e se nonostante tutte le precauzioni un animale si ammalasse di un morbo inguaribile, non negateglie quell'atto di misericordia che un medico non può praticare ai pazienti umani in condizioni simili.
Dunque è evidente il collegamento con i dibattiti etici e pratici che animano le discussioni e le vite di migliaia di persone nel mondo...
Per non considerare però Lorenz un campione del cinismo "scientifico" dettato dalla freddezza della professione di zoologo ed etologo, soccorre un altro brano, che si legge alla fine del volume, e che rievoca i dubbi e le perplessità del Lorenz sperimentatore e gestore di una comunità di pitoni:
Molti anni fa all'Istituto di Zoologia io avevo in custodia dei giovani pitoni abituati a cibarsi di topi e di ratti morti. Poichè è più facile allevare i ratti che non i topi, sarebbe stato ragionevole nutrirli appunto di ratti, ma per far questo io avrei dovuto uccidere dei ratti giovani. Ora però i giovani ratti della grandezza di un topo domestico, con la loro testa grossa, i grandi occhi, le gambette corte e grassocce, e i loro goffi movimenti infantili, hanno tutte quelle qualità che destano in noi tanta simpatia e tenerezza verso gli animali giovani e verso i bambini. Io quindi non riuscivo a decidermi ad uccidere i ratti, e solo quando la riserva di topi dell'Istituto fu considerevolmente decimata seppi indurire il mio cuore, dicendomi che in fondo io ero uno studioso di zoologia sperimentale e non una vecchia zitella sentimentale: uccisi sei piccoli ratti e li diedi in cibo ai miei pitoni. Dal punto di vista della morale kantiana questa mia azione era ineccepibile, perchè sul piano razionale non è più riprovevole uccidere un giovane ratto che un vecchio topo. Ma, per il sentimento, le non stanno così, e io dovetti pagarla caramente per non aver ubbidito alla sua voce che cercava di dissuadermi. Per almeno una settimana quell'avvenimento mi perseguitò nei miei sogni tutte le notti: comparivano i piccoli ratti, ancor più carini che nella realtà, e avevano lineamenti di bambini, e ogni volta che io li sbattevo per terra (questo è un metodo rapido e indolore per uccidere animaletti di quel genere) gridavano con voce umana e non volevano morire a nessun costo. Indubbiamente il danno che mi ero procurato uccidendo quei cari piccoli ratti mi portò sulla soglia di una piccola nevrosi, e, edotto da questa esperienza, da allora in poi non mi vergognai mai più dei miei sentimentalismi e non mi opposi alle inibizioni di carattere emotivo.
Quando si sente parlare di eutanasia, di morte e vita, di testamento biologico e di libertà personale, si dovrebbe avere l'accortezza di rileggere queste righe, di confrontarle e comprendere come esse non siano mutuamente escludentisi, ma che anzi possono convivere amabilmente e proficuamente senza cadere in idiosincrasie e schizofrenia.
Da un etologo e filosofo come Konrad Lorenz viene quindi una lezione di scienza e coscienza tanto più valida oggi perchè pronunciata nel 1949, alla fine di una guerra tragica, con i pensieri rivolti a ben altro che a sottili questioni prive di importanza.

mercoledì 1 ottobre 2008

Dalla comunità all'individuo: una Storia della Chiesa secondo John Bossy


Già da qualche tempo in Italia si susseguono vicende e casi letterari legati a libri che trattano argomenti religiosi, e almeno due fra 2007 e 2008 hanno segnato la scena storiografica: il libro di Ariel Toaff "Pasque di sangue", uscito e subito ritirato nel febbraio del 2007 (adesso in una nuova edizione uscita nel febbraio del 2008 per l'editore IlMulino), che ha per tema le vicende dell'ebraismo ashkenazita nei secoli del Medioevo; e il volume di Sergio Luzzatto intitolato "Padre Pio", che analizza la vicenda umana e ecclesiale di San Pio da Pietralcina mettendo in discussione la soprannaturalità dei segni e delle stimmate sul suo corpo (una scheda sul libro, pubblicato da Einaudi nel 2007, si legge a questa pagina).
In questo clima mi piace ricordare il libro di uno storico inglese, John Bossy, dal titolo "Dalla comunità all'individuo. Per una teoria sociale dei sacramenti nell'Europa moderna", (uscito da Einaudi nel 1998 - una scheda si legge nella pagina dell'editore) che tratta un tema tutt'altro che slegato rispetto alle questioni dei rapporti con l'Ebraismo o con la spiritualità del Novecento per come si è manifestata verso la ricerca di figure di "santità conclamata", da Padre Pio al grido di "Santo subito!" urlato prepotentemente alla morte del papa più mediatico del Novecento, Giovanni Paolo II.
La personalizzazione dell'esperienza religiosa che la modernità ci consegna, ha visto decadere le forme sociali delle liturgie, dei riti e dei sacramenti, per accentuare al contrario l'assunzione singola del rapporto col divino - risultato della Controriforma ma anche delle nuove idee della scienza e di un rapporto differente della religione con la politica del tempo.
In un'epoca in cui si manifestano sempre più forti contrasti nelle "pratiche religiose" della cristianità (e soprattutto del cattolicesimo romano), un libro come questo di Bossy offre molti spunti di riflessione per comprendere i movimenti religiosi, le "innovazioni-rivoluzioni" della liturgia in latino preconciliare o il sacerdozio femminile alla luce di quella personalizzazione che spinge sempre più la religione verso l'orizzonte di un bisogno esclusivo e spesso lontano dalla ecclesìa.