Se per Itaca volgi il tuo viaggio, / fai voti che ti sia lunga la via, / e colma di vicende e conoscenze... (Konstantinos Kavafis)

giovedì 8 marzo 2018

Un salto di verità


La verità è ormai sempre risultato di un dibattito.

Re-sultare, il "saltare indietro" è appunto un ex-itus, un "viaggio verso il fuori", un'uscita dalla Caverna platonica. Da essa si esce danzando, quando si cerca la verità: de-batuere, "battere per allontanare, per separare". 

Chi cerca la verità è un nicciano danzatore: 

Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus
raccomanda Orazio Flacco, e nel quinto paragrafo della Vorrede di Zarathustra Nietzsche afferma il fondamentale compito dei cercatori di verità,
Io vi dico: bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante
Eppure, alla fine della Terza Parte del Così parlò Zarathustra, l'ultimo dei Setti Sigilli (ovvero: il canto "sì ed amen") recita 

Se mai tesi al di sopra di me cieli immoti, e volai con le mie ali nei miei cieli:  
Se nuotai senza fatica in profonde lontananze di luce, e l'uccello "saggezza" della mia libertà giunse: -
- ma l'uccello "saggezza" parla così: « Ecco, non c'è sopra né sotto ! Slanciati e vola: in giro, in avanti, all'indietro, tu che sei lieve! Canta! non parlare più!-
non sono le parole, tutte, fatte per i grevi? Non mentono tutte le parole per chi è lieve! Canta! non parlare più ! ».
-Come non dovrei anelare all'eternità e al nuziale anello degli anelli, - l'anello del ritorno?
Ma è un salto all'indietro, quel re-sultato: Walter Benjamin, nel suo Angelus Novus dice che 
C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.
Se una volta, in un tempo felice oltre le nostre convenzioni del "prima" e del "dopo" e i nostri computi delle clessidre, quella composizione si sarebbe potuta compiere, ora la nostra condizione è appunto il "dibattito" e non più il "dialogo": se la verità era un tempo un symbolon, un "mettere assieme", un "recolligere sparsa fragmenta" come Petrarca diceva dei suoi versi, adesso (ma sempre sul piano metastorico) a noi tocca affrancarci dal diabolon, dal "di-battito necessario" in cui solo ci è consentito trovare la verità.

Videmus nunc per speculum in aenigmate; tunc, autem, facie ad faciem, ricorda l'Apostolo delle Genti.

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