Se per Itaca volgi il tuo viaggio, / fai voti che ti sia lunga la via, / e colma di vicende e conoscenze... (Konstantinos Kavafis)

lunedì 16 settembre 2013

Il momento opportuno

Da una lettera, della quale taccio il Destinatario:

... ma non è soltanto una questione di tempo,
carissima ***:
l'altro pomeriggio discutevamo del tempo, perché siamo immersi in questa fondamentale illusione che sembra racchiudere anche le altre forme della nostra esperienza.
Anzitutto, spero che tu stia bene, e voglio augurarti una serena e piacevole giornata.
Il mattino è il momento in cui la lotta fra sonno e veglia è forte: non parliamo dei momenti di passaggio fra le stagioni, quando quella ancora viva si sente stringere da quella nascente...
Qui sta il percepire il "momento opportuno": i Greci lo chiamavano kairós.
Ed è l'opportuno rispetto a chi compie l'azione, dunque anche rispetto a chi coopera nell'azione (lo potremmo chiamare il Soggetto); ma insieme rispetto all'agire o meno (lo potremmo chiamare il Fare); e insieme rispetto a ciò che quell'azione crea (lo potremmo chiamare l'Oggetto).
Sta di fatto che così, filosoficamente, tutto diventa arida dissezione, e specie se messa per iscritto, noiosa anatomia di qualcosa che invece è delicato e impalpabile nella sua perentorietà: meglio parlare, dialogare, anche se soltanto per monologo.
Non voglio continuare con la filosofia: è bella e vera, ma richiede piedi pesanti.
Pensa invece il kairós in questo modo, orientale.
Esso è il tempo, nel giardino fiorito o durante la tua passeggiata pomeridiana, in cui ti rendi conto che sui rami o in cima allo stelo quel fiore ha raggiunto la sua maturità, che presto sarà svanita nella vecchiaia e nella dissoluzione: non è più un bocciolo, non è ancora la corolla invecchiata con i petali flosci e gualciti. Dura un attimo o un giorno o una vita intera: il kairós non è questione di lancette, non è quantità ma qualità, e dipende dall'Osservatore.
Ma esso è, insieme, il tempo in cui si decide di ammirare o di cogliere il fiore o di lasciarlo senza più guardarlo e andare via: dunque il kairós è del fiore in quanto suo proprio, e del fiore e di te che l'osservi, in quanto quel fiore non sarebbe stato maturo al punto giusto se non per i tuoi occhi e non da solo per sé stesso.
Infine il kairós è il tempo in cui prendi coscienza di questa occasione NEL tempo, e di come questa, se passata a pensare sia UN aspetto della Cosa, e se passata ad agire sia UN ALTRO aspetto della stessa Cosa: la medesima acqua che stagna nel lago oppure è onda vorticosa con la cresta di schiuma.
Anche in una relazione dunque, il kairós è difficile da cogliere, perché noi siamo limitati, e procediamo per esclusione e non invece per sovrapposizione includente: discerniamo UN aspetto, e poi col ricordo ricostruiamo l'ALTRO o gli ALTRI aspetti per farne una visione complessa.
Quando si dovrà agire o pensare in una relazione?
La contemporaneità non esiste: ridotta ai minimi termini, è impossibile la fusione di Azione e Pensiero, tant'è che si dà all'una o all'altro la prevalenza e su questa si fonda la divisione inestricabile.
Ma vedi?, torna una noiosa analisi filosofica...
Il kairós, difatti, è il momento in cui la decisione è presa: il momento in cui la biforcazione prende corpo e non si può più tornare indietro — il taglio del fiore, la parola pronunciata, il gesto compiuto, il pensiero pensato. L'Atto che prende il posto della Potenza: fino a quel momento nulla esiste e tutto potrebbe, col kairós la Cosa si crea, dopo questo tempo la Cosa esiste "per me" nella coscienza e nella memoria. Ripeto, questo "tempo creativo" non è l'Attimo, o non è esclusivamente l'Attimo, perché non è durata, ma qualità.
Troppa filosofia: chissà che tu non abbia già lasciato perdere...

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