Se per Itaca volgi il tuo viaggio, / fai voti che ti sia lunga la via, / e colma di vicende e conoscenze... (Konstantinos Kavafis)

venerdì 1 luglio 2022

Due conferenze di Massimo Cacciari a Siracusa: Euripide, Goethe, Spengler, Musil

 Il 29 e il 30 giugno del 2022 Massimo Cacciari ha tenuto due conferenze a Siracusa, nei pressi del Teatro Greco, dedicate entrambe ad alcuni "campioni" (in ogni senso) del pensiero occidentale: l'Ifigenia in Tauride di Euripide e l'Ifigenia di Goethe il 29 giugno; il Tramonto dell'Occidente di Oswald Spengler visto nella comparazione con L'Uomo senza Qualità di Musil giorno 30 giugno.

Ho scritto due brevi osservazioni sulle due conferenze, nella forma di scolii e piccole amplificazioni interpretative.

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Ieri pomeriggio [29 giugno, ndr], tra il frinire alternato delle cicale e il gran caldo del Teatro Greco di Siracusa, Massimo Cacciari ha condotto un dialogo serrato tra Goethe ed Euripide riguardo il plesso fondamentale della libertà e del nomos nelle "Ifigenie" di questi due autori fondamentali della cultura occidentale.
Roberto Fai ed Elio Cappuccio, che hanno introdotto la lectio di Cacciari, hanno bene messo in rilievo non solo la poliedricità dello studioso, ma anche le stimolantissime amplificazioni che ne sono sorte, e che il tempo ben ristretto ieri per tutti i partecipanti ed il mio post oggi non consentono affatto di delineare.
Stamattina leggevo con molto piacere e interesse un analogo post di Elvira Siringo, anche lei ieri fra il pubblico: Elvira ha con grande perspicacia evidenziato un "terzo assente" (ma presentissimo nel discorso tra Euripide e Goethe di Cacciari), che è Shakespeare, di cui lei è studiosa attenta.
E ieri fra le tante questioni che sono emerse, più di una ha evocato Gorgia da Leontinoi, non solo per i "dissoi logoi" richiamati più volte da Elio Cappuccio e da Massimo Cacciari.
È Gorgia infatti che in un frammento di carattere estetico e dedicato al teatro (per la precisione, 82 B 23 DK) individua nella consapevole accettazione dell'inganno tragico la radice della saggezza: questa è la prima affermazione della "sospensione d'incredulità" che è alla base del "piacere" del testo e della letteratura e dell'arte, ma non propone né presuppone affatto una sospensione dell'intelligenza, ma anzi ne dichiara il superiore valore più che razionale.
Me ne sono occupato in un breve saggio qualche anno fa, appunto dedicato a Gorgia ed alle sue radici indoeuropee.
Ma è proprio il mondo indoeuropeo che ad esempio è alla base anche della "metamorfosi anti-tragica" di Goethe più volte ricordata ieri: in un suo bellissimo studio del 1984, "Tragedy and After: Euripides, Shakespeare, Goethe", Ekbert Faas ha tutto un capitolo dedicato a "Goethe's Transcendence of Tragedy" in cui analizza attraverso le lettere indirizzate a Jacobi l'influenza profonda che ebbe il poeta indiano Kālidāsa su Goethe, ed in generale la poetica sanscrita contrapposta a quella aristotelica.
Ma anche un altro importantissimo saggio del 2009 di Markus Winkler, "Von Iphigenie zu Medea. Semantik und Dramaturgie des Barbarischen bei Goethe und Grillparzer", specie nel capitolo dedicato a "Humanisierung der Barbaren, Griechenland-Nostalgie und der Streit über Mythos und Menschenopfer", analizza e approfondisce il concetto che Cacciari ha più volte evocato parlando di Goethe ieri pomeriggio: quello della "rinuncia" come passaggio imprescindibile per il progresso dell'eroe tragico che "cadendo si compie".
Splendida conferenza davvero ieri.

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Anche la seconda conferenza di Massimo Cacciari per il suo breve ciclo dedicato alla lettura di alcuni classici del pensiero occidentale è stata profondamente illuminante, surclassando il gran caldo afoso di Siracusa ieri pomeriggio, ancora nelle prossimità del Teatro Greco. Del resto, parlare del "Tramonto dell'Occidente" di Oswald Spengler, e passarlo al tornasole col Musil di "L'Uomo senza Qualità", non era certo tema da far diminuire la temperatura del discorso.
Nuovamente introdotta da Elio Cappuccio e Roberto Fai (che ha con decisione e perizia ragionato sulla temperie di "crisi e trasmutazione" di tutto il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento, ed ha opportunamente ricordato gli ultimi studi che Cacciari ha dedicato a Max Weber e, recentissimo, proprio a Musil), la lectio ha allacciato diverse raffinate prospettive sul saggio culminante della cultura europea all'incrocio del "lungo diciannovesimo secolo" e del "secolo breve".
Anche per la conferenza di ieri non ho affatto l'ardire di fornire una benché minima sintesi, ma mi permetto solo di aggiungere degli scolii: per gli amici che lo vorranno, sono disponibile a fornire la registrazione audio di entrambe le giornate, così che possano gustare da sé lo sviluppo del pensiero di Cacciari.
In più riprese, nella parte centrale della conferenza, alcune allusioni sono state determinanti per lo sviluppo dell'argomentazione.
In primo luogo, quando è stato detto più volte che per Spengler "Il Mondo è l'insieme dei casi", vale a dire dei "fatti" che significativamente Cacciari ha chiamato "Zufälle" (letteralmente, le "occasioni", come "Occaso" era già stato richiamato da Roberto Fai come il "nome-destino" dell'Occidente), ovviamente il pensiero è andato per molti alla prima proposizione del "Tractatus logico-philosophicus" di Ludwig Wittgenstein, "Die Welt ist alles, was der Fall ist", cioè "Il Mondo è tutto ciò che accade"; ma si potrebbe tradurre, restando ancor più aderenti alla lettera "Il Mondo è tutto ciò che è un caso".
Da una parte Spengler che (ad esempio e nella gran messe di citazioni possibili) all'inizio dell'opera dice "Die Welt des Zufalls ist die Welt der einmalig-wirklichen Tatsachen, denen wir als Zukunft sehnsüchtig oder angstvoll entgegenleben, die uns als lebendige Gegenwart erheben oder bedrücken, die wir schauend als Vergangenheit mit Freude oder Trauer wiedererleben können. Die Welt der Ursachen und Wirkungen ist die Welt des Beständig-Möglichen, die Welt der zeitlosen Wahrheiten, die man zerlegend und unterscheidend erkennt", cioè "Il mondo del caso è il mondo dei fatti reali irripetibili, di quelli futuri verso cui la nostra vita, in desiderio o in angoscia, procede, di quelli che nel presente vissuto ci esaltano o ci abbattono, di quelli passati che meditando possiamo rivivere con gioia o con tristezza. Il mondo delle cause e degli effetti è il mondo del possibile e del costante, delle verità senza tempo conosciute analizzando e distinguendo".
Dall'altra parte Wittgenstein, che al di là delle formulazioni lapidarie diversissime dal fluire metamorfico dello stile di Spengler, afferma: "Es erschiene gleichsam als Zufall, wenn dem Ding, das allein für sich bestehen könnte, nachträglich eine Sachlage passen würde. Wenn die Dinge in Sachverhalten vorkommen können, so muss dies schon in ihnen liegen. (Etwas Logisches kann nicht nur-möglich sein. Die Logik handelt von jeder Möglichkeit und alle Möglichkeiten sind ihre Tatsachen.) Wie wir uns räumliche Gegenstände überhaupt nicht außerhalb des Raumes, zeitliche nicht außerhalb der Zeit denken können, so können wir uns keinen Gegenstand außerhalb der Möglichkeit seiner Verbindung mit anderen denken. Wenn ich mir den Gegenstand im Verbande des Sachverhalts denken kann, so kann ich ihn nicht außerhalb der Möglichkeit dieses Verbandes denken", cioè "Parrebbe quasi un accidente se alla cosa, che potesse sussistere per sé sola, successivamente potesse convenire una situazione. Se le cose possono ricorrere in stati di cose, ciò deve già essere in esse.
(Qualcosa di logico non può essere solo-possibile. La logica tratta di ogni possibilità, e tutte le possibilità sono i suoi fatti. )
Come non possiamo affatto concepire oggetti spaziali fuori dello spazio, oggetti temporali fuori del tempo, così noi non possiamo concepire alcun oggetto fuori della possibilità del suo nesso con altri. Se posso concepire l’oggetto nel contesto dello stato di cose, io non posso concepirlo fuori della possibilità di questo contesto". In entrambi gli autori emerge prepotentemente quella "ragione probabilistica" che Cacciari ha evocato ieri.
Sarà lo stesso studioso, in un altro passaggio, ad affermare che per Spengler lo storico deve parlare soltanto dei fatti/casi, e per il resto deve tacere: limpida evocazione dell'ultima proposizione del "Tractatus", "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere".
In secondo luogo, quando Cacciari ha analizzato le posizioni di Spengler riguardo la crisi e la dissoluzione della forma-Stato come punto-evento culminante del destino dell'Occidente (e "destino", va detto, in tedesco è "Bestimmung" in quanto "determinazione", ma anche "Schicksal" in quanto appunto "casualità", "Zufall"), ha comparato le prospettive epistemologiche di Musil e di Spengler, facendo un rapido cenno alla intraducibilità già del titolo del romanzo di Musil.
"Der Mann ohne Eigenschaften" in originale, "L'Uomo senza qualità" nella traduzione italiana: ma Cacciari ha ricordato che quella "Eigenschaft" è una "qualitas" in quanto è una "proprietas", il "proprium" di una persona, che – ormai fuori dalla concezione umanistica e illuministica – diventa a partire dalla massificazione della società nella seconda parte dell'Ottocento, la "proprietà economica".
Evidente quindi che il pensiero sia andato a tradurre mentalmente l'opera di Max Stirner, uno dei fondatori del pensiero anarchico, intitolata "Der Einzige und sein Eigentum" e nota in Italia come "L'Unico e la sua proprietà", come invece "L'Unico e la sua Qualità", istituendo più di un confronto possibile con Musil e con Spengler.
Non è un caso che infatti quest'ultimo dica, in una delle due citazioni che nel "Tramonto dell'Occidente" dedica a Stirner, queste considerazioni sul "corpo sociale": "Die Aufmerksamkeit, welche der Stoiker dem eigenen Körper zuwendet, widmet der abendländische Denker dem Gesellschaftskörper. Es ist kein Zufall, daß aus der Schule Hegels der Sozialismus (Marx, Engels), der Anarchismus (Stirner) und die Problematik des sozialen Dramas (Hebbel) hervorgingen. Der Sozialismus ist die ins Ethische, und zwar ins Imperativische umgewandte Nationalökonomie. Solange es eine Metaphysik großen Stils gab, bis auf Kant, blieb die Nationalökonomie eine Wissenschaft. Sobald „Philosophie" gleichbedeutend mit praktischer Ethik wurde, trat sie an Stelle der Mathematik als Unterlage des Weltdenkens. Darin liegt die Bedeutung von Cousin, Bendiam, Comte, Mill und Spencer.
Es steht dem Philosophen nicht frei, seine Stoffe zu wählen, so wenig die Philosophie immer und überall dieselben Stoffe hat. Es gibt keine ewigen Fragen; es gibt nur Fragen, die aus einem bestimmten Dasein heraus gefühlt und gestellt werden.,, Alles Vergängliche ist nur ein Gleichnis" - das gilt auch von jeder echten Philosophie als dem geistigen Ausdruck dieses Daseins, als der Verwirklichung seelischer Möglichkeiten in einer Formenwelt von Begriffen, Urteilen und Gedankenbauten, zusammengefaßt in der lebendigen Erscheinung ihres Urhebers. Eine jede ist vom ersten bis zum letzten Wort, vom abstraktesten Thema bis zum persönlichsten Charakterzug ein Gewordnes, aus der Seele in die Welt, aus dem Reiche der Freiheit in das der Notwendigkeit, aus dem unmittelbar Lebendigen ins Räumlich-Logische hinübergespiegelt und mithin vergänglich, von bestimmtem Tempo, von bestimmter Lebensdauer. Deshalb liegt eine strenge Notwendigkeit in der Wahl des Themas. Jede Epoche hat ihr eignes, das für sie und keine andre bedeutend ist. Hier sich nicht zu vergreifen, kennzeichnet den geborenen Philosophen. Der Rest der philosophischen Produktion ist belanglos, bloße Fachwissenschaft, langweilige Häufung systematischer und begrifflicher Subtilitäten", cioè "L’attenzione che gli Stoici dedicarono al loro corpo individuale, i pensatori occidentali la dedicano al corpo sociale. Non è un caso che la scuola di Hegel abbia dato luogo al socialismo (Marx, Engels,) all’anarchismo (Stirner) e ai problemi del dramma sociale (Hebbel). Il socialismo è una economia politica che riveste la forma di un’etica, e di un’etica imperativa. Finché esistette una metafisica in grande stile l’economia politica era rimasta una semplice scienza. Non appena la « filosofia » s’identificò all’etica pratica, essa prese il posto che la matematica aveva avuto quale base della concezione del mondo. Tale è il significato di Cousin, di Bentham, di Comte, di Stuart Mill e di Spencer. Al filosofo non è dato di scegliere il suo oggetto, e la filosofia non ha sempre e ovunque gli stessi problemi. Non vi sono problemi eterni; vi sono soltanto problemi sentiti e posti in base a un’esistenza di tipo determinato. « Tutto ciò che è effimero è soltanto un simbolo » — un tale principio vale anche per ogni filosofia vera, che è l’espressione spirituale di quell’esistenza, la realizzazione di possibilità dell’anima in un mondo di forme costituito da concetti, da giudizi, da costruzioni intellettuali, il quale si riassume nella persona vivente del suo autore. Ognuna di quelle realizzazioni, dalla prima all’ultima parola, dai tempi più astratti ai tratti caratteristici più personali, è un divenuto, qualcosa che dall’anima è passato a riflettersi nel mondo, dal regno della libertà in quello della necessità, e a tale stregua rappresenta qualcosa di caduco avente un dato « tempo », una limitata durata. Per cui la scelta del tema obbedisce a una necessità rigorosa. Ogni epoca possiede un suo tema, avente un significato solo per essa e per nessun’altra. Il filosofo nato è caratterizzato dall’avere un senso preciso di tale tema. Il resto della produzione filosofica è insignificante, è puro specialismo, è un’accumulazione fastidiosa di sottigliezze sistematiche e concettuali".
Fra gli interventi finali, le osservazioni del professor Emilio Galvagno hanno rivendicato a Polibio l'originale formulazione del concetto di "tramonto" come "fine di un ciclo", nel percorso della cultura occidentale. E viene dunque in mente, assieme al Gibbon che il professore citava, anche un altro prodotto crepuscolare della grande "morfologia della Storia" con cui Spengler apre e chiude l'Ottocento e il Novecento: quel ponderosissimo "A Study of History" di Arnold Toynbee, in cui ancora forse si respira l'occaso...
Infine, l'ombra lunga di Jakob Burckhardt aleggiava tra le foglie, assieme a quella di Thomas Mann... Ma sarebbe un altro discorso.
Splendida conferenza anche quella di ieri: due "occasioni" (è il caso di dirlo) davvero stimolanti.

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