Il nuovo, in quanto inatteso, è la sensazione repentina, dinanzi all'incertezza di ogni nebbia; è la forza prorompente del ricordo nella percezione: l'inerzia in quanto tenacia, opposizione al mutamento — lo sapeva ottimamente Spinoza. En-ergon è il "lavoro interno": il lavorio, la "forza operosa" che "affatica di moto in moto"; dunque l'energia è una "disponibilità al mutamento della forma", dal livello fisico (in quanto "della Natura") minimo a quello supremo, che si riconnettono come le volute di una spirale che unisce la ragione e gli strumenti attraverso i quali se ne prende misura — un logaritmo, propriamente parlando di spirali.
L'Essere è forse la vera impressione della memoria che è in verità "ogni" essere — esse est memini, dicevano i saggi.
Se dunque ogni panorama è un immergersi nella Luce della conoscenza, semplice e aperta percezione che prende assieme i sensi per farne senso, la nebbia ci accoglie nell'alveo dell'inconsapevolezza, non nell'impossibilità della visione. Nella nebbia si vede, ma senza vedere la visione che produce la conoscenza attraverso la percezione. Essa nebbia perciò ci libera, nel limite, dalla presunzione di sapere.
L'Essere è: la nebbia ci aiuta a ricordarlo. Ogni oscurità è, con la sua propria Luce; altrettanto ogni luce, ogni nebbia, ogni profilo inteso delle cose, saputo con ogni occhio fisiologico, concreto ed astratto, è.
Quel che chiamiamo "ignoranza" non è quindi ignoranza della cosa (col genitivo oggettivo), ma impotenza in noi e per noi del limite e della nebbia che è sempre sostegno anche quando non lo accettiamo e cerchiamo una visione limpida, senza "filtri", appunto come per giungere ad una verità "oggettiva". Essa però giace sotto l'inevitabile nebbia della costruzione del senso, che è una disponibilità al cambiamento di forma del campo di forze dell'Essere, diffusa in modo diseguale — anisotropo, "in una parte più e meno altrove".
Nel ricordo mutevole e diveniente L'Essere si mostra col suo inevitabile filtro, anzi lo mostra; e anche il filtro è eterno e vero nella misura parziale in cui lo concepiamo, non nel suo intero per sé.
Nella nebbia il vero è dunque più vero, e il suo certo tratto che noi cogliamo è tale, non essendo l'essere dell'Essere, ma la porzione eterna e vera del tutto luminoso ed oscuro insieme, che è la Luce che non potremo mai cogliere ma si mostra nella nube della nonconoscenza. Lì il nostro occhio lattiginoso brilla ultimamente nel fuoco senza limite.
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